La povertà, la fame e il dolore

 Vagavo lungo le strade del centro di Roma, era una sera d'inverno e già avvertivo nelle ossa un freddo pungente. Una fame crudele mi spinse ad elemosinare del cibo entrando nei negozi di generi alimentari che trovavo lungo le strade percorse, ma ogni volta che chiedevo da mangiare ricevevo negazioni, insulti e minacce. Quando ero ormai stanco e rassegnato ad avere fame ancora per molto, mentre camminavo sempre più lentamente avvertii una mano sulla mia spalla sinistra; mi voltai e vidi il volto di una signora anziana che mi sorrideva. Mi disse: - Hai fame? Vuoi? - E nella mano destra mi accorsi che aveva un piatto coperto. Risposi di sì, ringraziai la donna ed afferrai quel piatto, scoprendolo immediatamente. All'interno c'era del pollo arrosto con delle patate. Non persi tempo, mi allontanai e trovai un angoletto dove potermi sedere, e cominciai quindi a mangiare con le mani sporche, quel piatto di pollo e patate. Quel momento per me era veramente bello, e quasi non mi avvidi delle tante persone che, passandomi vicino, mi osservavano schifate (qualcuna esternò il suo disgusto con frasi altamente offensive). Mai mi sembrò più buona una pietanza: fu un pasto meraviglioso, che riuscì quasi a sfamarmi completamente. Ora, però, avevo sete, e per tale motivo andai a cecare una fontanella. Sapevo dove trovarne una nei paraggi, e quindi non tardai a raggiungerla. Mentre stavo bevendo, ricevetti un forte calcio sul sedere, che mi fece cadere bocconi sull'asfalto. Mi voltai e vidi, ad un passo da me, quattro uomini di mezz'età, quattro brutti ceffi che ridevano, ingiuriandomi e sbeffeggiandomi. Mi alzai, malgrado il dolore che avvertivo nel punto in cui avevo ricevuto il calcio, e tentai di allontanarmi velocemente. Ma uno dei quattro mi afferrò per il bavero del logoro giaccone che indossavo, e ricominciò ad insultarmi dicendo: - Dove credi andare? -

- Me ne vado, lasciatemi andare, ve ne prego! - risposi a quell'uomo che aveva un ghigno malefico e non mollava la presa sul mio soprabito.

- Pezzente! - mi disse ancora - Che vivi a fare tu, sei un essere inutile... sei sozzo, puzzi e fai vomitare chi ti guarda! -

Io non sapevo più cosa fare per placare quel losco individuo, né potevo scappare, non avendo la forza per staccare la sua mano da me.

Quindi si fece ancor più minaccioso dicendo: - Adesso ti darò una lezione, affinché tu capisca che non devi farti più vedere da queste parti, lurida merda che non sei altro! - e mi sferrò un pugno in faccia. Caddi tramortito e dolorante, e a stento ascoltai gli altri insulti che ricevetti da quel gruppo di belve umane, che, una volta vistomi in terra, cominciarono a tirarmi calci un po' da tutte le parti. Avevo forti dolori per tutto il corpo, e quella tortura mi pareva non finire mai. Infine, sentii gli ultimi tremendi insulti, e gli sputi che mi caddero sul volto insanguinato.

Quando si allontanarono mi misi a piangere. Non riuscivo più a rialzarmi e provavo dolori intensi dappertutto. 

Finalmente mi rivolsi a Dio, dicendogli:

- Dio dei cieli! Dio della bontà! Perché devo subire tutto questo? e quando finirà?

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