Il volto malinconico
Il volto malinconico
è ciò che mi colpisce maggiormente di te; la mancanza del sorriso e lo sguardo
che mi trasmette un'infinita tristezza; gli occhi che sembrano trattenere a
stento le lacrime. Chi sei? ti vedo, alle volte, mentre ti aggiri per il quartiere
insieme al tuo piccolo cane; tieni sempre lo sguardo abbassato, come se ti
vergognassi o non volessi parlare con nessuno. E io rispetto questa tua
volontà, ma non posso fare a meno di guardarti perché, anche se non sei più
giovane hai mantenuto una bellezza particolare, rara, di cui forse neppure tu
ti rendi conto. La tua estrema tristezza, la tua timidezza e la malinconia che
ti porti dietro hanno fatto sì che m'incuriosissi di te, della tua vita, della
tua nobile anima. Non so nulla della tua vita, né del tuo lavoro. Forse sei una
maestra e probabilmente non hai figli; forse hai cinquant'anni e quasi
sicuramente non hai una relazione sentimentale particolarmente importante. Non
sei felice da chissà quanti anni, e magari, come me, rimpiangi il lontano passato
dell'infanzia. Vorrei parlarti di tutte queste cose e di altre ancora, ma non
oso rivolgerti la parola. Non so, magari la malinconia che affiora dai tuoi
occhi, che a volte sembra essere autentica disperazione, è dovuta, tra le altre
cose, ad una mancata maternità; so che molte donne hanno sofferto e soffrono
per questo motivo, e non c'è nulla che le possa consolare. Forse hai rivolto
l'istintivo amore materno verso i bambini della tua classe - ammesso che tu sia
una maestra - oppure verso la tua cara bestiolina: l'unico essere che guardi
con occhi diversi.
A volte, anzi,
spesso, penso che sarebbe meglio non conoscersi più di tanto; perché se potessi
approfondire la tua conoscenza, molto probabilmente verrei a sapere cose che
potrebbero risultarmi spiacevoli; scoprirei che in realtà, tutte le cose che ho
fantasiosamente ipotizzato non hanno alcun fondamento e che tu sei un'altra
persona. E allora saresti come una statua preziosa e fragile che cade dal
piedistallo e finisce in mille pezzi, perdendo il suo incalcolabile valore;
saresti una delle tante, l'ennesima delusione. Ma così come ti vedo, come
t'immagino, sei un'opera d'arte unica. Ti ho cercata in un dipinto, ma non ne
ho trovato uno che raffigurasse una donna simile a te, se non in modo molto
vago. Se ti penso mi vengono in mente certe donne che, probabilmente, non sono
mai esistite, se non nella fantasia dei poeti; queste donne, non più giovani ma
neppure anziane, aristocratiche, altere, solitarie ed estremamente
malinconiche, trascorrevano le loro tristi giornate passeggiando nei viali dei
parchi che circondavano le loro immense ville; e passeggiando pensavano ad un
passato che promise molto e mantenne nulla; pensavano al loro gramo presente e
ad un futuro senza speranza. A stento trattenevano il pianto, ed a ben
guardarle, qualche lacrima facilmente scendeva dai loro lucidissimi occhi. Esse
avevano avuto un'infanzia felice, e in gioventù, ingenue, avevano bramato e
sognato il vero Amore. Ma l'abiezione umana e il cinico destino si erano abbattuti
contro di loro, le avevano poste al di fuori della vita, in un limbo fatto di
amarezza e di desolazione. Come fossero in esilio, taciturne e indifferenti, esse
vivevano soltanto di rimpianti e di ricordi. Per me tu, simile a quelle
esistenze infelici, sei la Donna del Sogno Infranto, sei la Dama della Santa
Tristezza, sei la Regina Inconsolabile del Regno Devastato. Io non so quanti
anni hai, conosco a stento la tua voce e non so nemmeno il tuo nome, ma, per
quel poco, quel nulla che ho compreso, mi basta il solo pensarti o
l'immaginarti per illuminare la mia vita. Sarai per sempre nei miei sogni.
Avrei voluto
conoscerti tanti anni fa: avremmo avuto tante cose da dirci, tante passioni da
condividere... Chissà, magari avremmo deciso di passare il resto della nostra
vita insieme, forse avremmo avuto anche dei figli a cui trasmettere il nostro
amore per l'arte... Gli avremmo insegnato le cose che contano più di tutto: il
ricordo, l'umiltà, la pazienza, la fantasia e il sogno. Loro avrebbero
proseguito la nostra strada, senza mai cercarne delle altre.
Ma tutti questi
non sono altro che miraggi, astrazioni, pensieri che volano senza mèta. È la
solitudine, l'amara solitudine che mi fa scherzi estremamente cattivi. È la
disperazione, la terribile disperazione che mi spinge verso territori
impercorribili. Eppure in me è nato questo desiderio di sapere qualcosa di te,
di conoscerti; forse perché l'uomo non finisce mai di sognare e di sperare,
malgrado la vita, malgrado l'età che inesorabile avanza, malgrado tutto... E
allora si vagheggiano vite immaginarie, s'ipotizzano situazioni impossibili,
incontri e relazioni che non potrebbero mai verificarsi. Si sogna perché non si
può far altro che sognare o uccidersi, in una vita avara di felicità, colma di
struggimenti.
Però, ripeto, che
mi colpisce il tuo volto malinconico, che mi comunica un'affinità, mi induce a
supporre che io e te potevamo... potremmo...
Racconto molto bello!
RispondiElimina